PREMESSA
Percepire nitidamente il grado di tensione dei propri muscoli, così come l’entità e la direzione della forza, espressa e subita, è un’abilità fondamentale nelle arti marziali e negli sport da combattimento. Altrettanto importante è la capacità di utilizzare la forza elastica in risposta alle sollecitazioni esterne collegandola alla fase di ricezione di questi stimoli (pressioni, spinte, trazioni, tentativi di squilibrio ecc.).
Dalla neuro-fisiologia applicata alle scienze motorie ci viene un preciso assunto, e cioè: più il corpo è rilassato maggiore è la sua capacità di “ascolto”. Nelle arti marziali, lo sviluppo di questa capacità ‘percettiva’ del sistema nervoso è alla base dei diversi livelli di abilità ed efficacia, in special modo nelle discipline che prediligono l’interazione ravvicinata e il “corpo a corpo”. Questa qualità è importante quanto il perfezionamento della stessa ‘tecnica’, forse anche di più.
Ma perché più il corpo è rilassato maggiore è la sua capacità di “ascolto”? Come tutti sanno, muscoli, tendini e articolazioni sono dotati di recettori particolarmente sensibili alle variazioni di forza e alle pressione esercitate e subite dal nostro corpo. Attraverso questa sensibilità propriocettiva un flusso di informazioni perviene al nostro sistema nervoso e lo mette nelle condizioni di “regolare” una postura o un movimento.
Nella trasmissione delle informazioni, hanno un ruolo fondamentale particolari fusi neuromuscolari che forniscono i messaggi riguardanti l’allungamento delle fibre muscolari.
I fusi dispongono di fibre sensitive che trasportano informazioni ‘da’ e ‘per’ i centri superiori. Esse si distinguono in fibre ‘afferenti’ (quelle che portano gli impulsi nervosi dai recettori sensoriali che si trovano in periferia verso il sistema nervoso centrale) ed ‘efferenti’ (quelle che trasportano le informazioni in senso contrario).
Nella parte centrale del fuso vi sono delle particolari fibre (anulospirali) che proporzionalmente al grado di allungamento del fuso aumentano la frequenza della scarica afferente.
Da questo fenomeno, spiegato sommariamente, possiamo facilmente dedurre che esiste una sorta di scala della “sensibilità propriocettiva”, inversamente proporzionale al grado di tensione dei muscoli. Pertanto, essa passa dalla “sordità” più o meno accentuata (durante la contrazione); a una buona ricezione degli stimoli (in relazione al grado di rilassamento); fino allo stadio di maggior capacità dell’apparato muscolo-scheletrico di “sentire”, “ascoltare” e “interpretare” le variazioni di forza : questa fase è in relazione con il ‘rilasciamento’ e l’allungamento delle fibre (fig. 1).
Tutto questo per quanto riguarda la fase “ascolto”. Ma com’è connessa questa capacità ricettiva a quella del “rilascio della forza ”? Innanzi tutto dobbiamo capire di quale forza stiamo parlando. Facendo riferimento alla tradizionale classificazione di Yury Verkhosansky, che distingue otto tipi di tensione muscolare, quella che ci interessa nel nostro caso è la tensione “esplosivo-reattivo-balistica” o, più semplicemente, la “forza elastica”.
A livello strutturale, questo tipo di forza, più che essere in relazione col grado di ipertrofia dei muscoli, dipende molto dallo sviluppo del tessuto connettivale.
A livello nervoso è poi collegata, più che dal coinvolgimento di un numero sempre maggiore di unità motorie (con il conseguente aumento del numero di fibre coinvolte nella contrazione), alle capacità coordinative (intramuscolare, inter-segmentale, ecc.), cioè a quelle qualità che permettono ai muscoli agonisti, a quelli antagonisti, ai neutralizzatori e agli stabilizzatori di lavorare in perfetta sinergia fra di loro. L’aspetto che ci interessa maggiormente evidenziare è quello costituito dalla componente elastica del sistema muscolo-scheletrico e dalla modalità del lavoro che esso compie, nella quale la fase accelerante (che serve a vincere una resistenza esterna) viene preceduta da una fase di allungamento muscolare.
Se prima di tendersi, i muscoli vengono allungati, grazie all’energia potenziale elastica accumulata, essi riescono a sviluppare una maggiore energia. Pertanto, nella fase di allungamento, le fibre muscolari, oltre a percepire con maggior nitidezza le tensioni esterne (e interne) immagazzinano energia elastica che nella successiva fase di contrazione può essere restituita, andando a sommarsi alla forza della componente contrattile del muscolo.
Questo lavoro è analogo a quello pliometrico (da “pleo”= ‘più’ o ‘maggiore’ e “metron”= ‘misura’), utilizzato ormai da decenni in atletica che sfrutta, in estrema sintesi, la risposta elastica muscolare facendo cadere l’atleta, in decontrazione e allungamento muscolare, da plinti o pedane, prima di effettuare il gesto tecnico vedi. fig. 2).
Si valutano poi i progressi ottenuti, utilizzando la “pedana piezoelettrica” (fig.3). Nel concreto, per quanto ci riguarda, immaginiamo una situazione di lotta (nel senso più generale possibile), se la forza entrante di chi attacca viene ‘ammortizzata’ (senza compromissione strutturale), ciò creerà nei muscoli un’energia potenziale che può essere restituita elasticamente nel movimento di risposta, facendone aumentare la velocità e l’intensità.
Per ottenere questo effetto chi difende, armonizzandosi con l’avversario, dovrà fare un movimento identico e perfettamente contrario a quello che sarà il movimento accelerante del contrattacco, transitando prima, fluidamente, per la fase di “scarico tensivo” .
Forza “normale” e forza elastica
Test effettuati in ambito atletico, hanno dimostrato che il miglioramento della potenzialità elastica e il passaggio rapido da un lavoro di tipo negativo a uno positivo, con un’ammortizzazione presente nella fase centrale della concatenazione cinetica, comporta una potenza superiore di 2,5 volte rispetto a un lavoro ‘normale’ allorché i muscoli non vengono interessati da questo previo allungamento (fig. 4).
Questo “allungare rilasciando, per poi tendere” evoca il ciclico alternarsi di Yin e Yang. D’altra parte i maestri di Taiji del passato ripetevano spesso «se c’è un sopra ci deve essere anche un sotto; se c’è una destra ci deve essere una sinistra; se c’è un davanti ci deve essere un dietro», il che ci riporta anche a un affascinante concetto della fisica: quello della “risonanza”.